Gian Luca Marozza

15 marzo 2011

I love Japan


Quando entrai in agenzia per prenotare il mio viaggio in Giappone ero emozionato come al primo esame all'università...mancavano ancora tre mesi ma avevo già divorato guide turistiche, testi specializzati, cartine geografiche...i nomi che per tanti anni erano serviti quasi solo per le barzellette, storpiati, sillabati, seguiti sempre da un ingiustificato sorriso, accompagnati da qualche urletto da finta arte marziale, ormai avevano un senso, una collocazione geografica, una storia... è come innamorarsi in internet o in chat, di un paese/donna che non hai mai visto ma del quale credi di sapere tanto...e poi un giorno, un 11 di marzo, qualcuno ti dice che è successa una cosa terribile, che quell'incontro così desiderato non ci sarà fra tre mesi, forse neanche tra un anno...

Il tempo guarisce è vero, ma il giorno dopo la ferita sembra così profonda ed esce così tanto sangue che la paura è sempre che non si fermi più, che non torni nulla come prima, che rimangano troppe cicatrici.

No, non andrò a Tokyo a fare finta di nulla davanti alle vetrine di Prada, non mi nutrirò del dolore di questo popolo unico, mi semrerebbe quasi di essere come quei mostri che si uniscono all'osceno pellegrinaggio sui luoghi del martirio di Sarah Scazzi...che dovrei fotografare, l'antenna piegata della torre o il terrore della nube atomica? A volte non sono così deluso che il giornalismo non sia la mia professione principale, non sono così ambizioso di essere un corrispondente dall'estero, inviato nelle zone più calde del pianeta.

Ma un po' di onestà intellettuale mi "pizzica" le dita sulla tastiera del PC: non sarà solo paura, maledettissima paura di nuove scosse, di esposizione alle radiazioni o semplicemente interesse economico per non potersi godere una vacanza?

Si...forse...ma gli amori intellettuali sono a volte più forti di tante piccole e primitive sensazioni, e allora aspetterò che guarirai...I love Japan.

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