Gian Luca Marozza

18 febbraio 2008

ENOSERATE






Dove: Via Marco Valerio Corvo – Quartiere Tuscolano – Roma.
Come: preferibilmente in coppia, per l’ambiente e la disposizione dei tavolini
Quando: aperto tutti i giorni tranne il lunedì: la mattina a colazione, il pomeriggio a pranzo, in prima serata per il the, la sera per la cena.
Perché: un po’ di luci soffuse non guastano mai.

Via Marco Valerio Corvo, orfana del suo più famoso Giuda Ballerino, celebrato dal Gambero Rosso e da tanti altri complimenti (lo storico locale si è spostato nel vicino Largo Appio Claudio, che ha abbandonato il vecchio mercato di quartiere per lasciare il posto ad un’isola pedonale dalla discutibile estetica, come dire, “cementizia”), Via Marco Valerio Corvo, dicevamo, saluta l’arrivo di un nuovo locale, l’ENOSTERIA, discretamente pubblicizzato, che si affaccia luminoso nella strada un po’ buia e sempre alle prese con l’annoso problema del dove la lascio (l’automobile).
Se avrete la fortuna di imbattervi in qualcuno della zona che esce disperato per la programmazione televisiva o se vorrete rischiare l’operazione doppia fila o selvaggiamente approfittare degli ampi cassonetti romani, questa “enosteria” saprà infondere un po’ di calore e qualche sprazzo di novità nelle vostre abitudini mondano-culinarie; il locale è sincero, a partire dalle vetrine: non dovrete inventare amici inesistenti o appuntamenti mancati per dare una sbirciata all’interno, né usare la patetica scusa del bigliettino per entrare e poi andare a riferire ai vostri amici/compagno/a i risultati dell’ispezione-ricognizione; l’ampia vetrata vi permette la visione completa dell’Enosteria e la porta d’accesso - anch’essa trasparente – fornisce informazioni sul bancone, che nasconde l’entrata delle cucine.
La zona clienti si apre sulla sinistra, discreta e grande quanto basta, inquadrata dalle pietre a vista che sormontano la pedana, comoda e silenziosa, che attutisce i vostri passi affamati; dall’alto, inserti dalle forme ammiccanti ospitano fibre ottiche che illuminano discrete i tavolini da tete-a-tete (ma non voglio porre limiti alla clientela; se vorrete, i gentili proprietari uniranno i tavoli anche se sarete sopraggiunti in comitiva!).
Le austere pareti che ammiccano al design sono vivacizzate da geometriche portabottiglie, finestre aperte sulla ristretta ma qualitativa cantina dell’Enosteria.
Dunque, di terra e di mare il menu, ed il percorso personale si è diretto verso le coste, che hanno riservato un antipasto di alici marinate, simpatiche e saporite, ed un cocktail di gamberi in salsa omonima gentilmente adagiato su un letto di insalatina, entrata classica ma ben riproposta.
Tra primi già visti ed allettanti secondi che hanno lasciato più di qualche rimpianto solo rinviato alle prossime visite, il nostro simpatico enoste ci ha quasi accompagnato verso due rivisitazioni di classici, come la matriciana e la carbonara, poemi della cucina italiana riscritti in salsa di frutti di mare: ottime entrambe, la matriciana per il sugo delicato ma deciso, la carbonara perché il pepe abbondante ed il pecorino spiccato rendevano comunque giustizia alla tenerezza dei frutti di mare. L’abbondanza delle porzioni ci lascia molti altri punti interrogativi, che giriamo alla curiosità del lettore: si dice che su ordinazione la paella e la zuppa di pesce rendano felici coloro che ancora conservano appetiti più generosi….
Il vino: nulla al di fuori dei classici binari, una Falanghina delle più eleganti tra quelle commerciali, dei Feudi di San Gregorio. Prezzo normale, servizio piacevole.

MATRICIANA: dura la definizione, contesa tra Roma ed Amatrice, tra cipolla e non, tra peperoncino o meno, tra spaghetti e bucatini, dovrebbe perlomeno contenere pomodori, guanciale e pecorino.

CARBONARA: indecisa tra il purismo del guanciale e la pancetta, sospesa tra l’etimologia di un cuoco di Carbonia e l’ampia spolverata di pepe (più poetica!), poggia sui pilastri di uovo e pecorino.

FALANGHINA: vitigno a bacca bianca prevalentemente campano, ancor più del Sannio, discenderebbe dall’antico Falerno; colore paglierino, odore delicato e più o meno fruttato, sapore secco e fresco, a partire dagli 11 gradi.