Gian Luca Marozza

29 gennaio 2007

Roma-Siena 1-0


La Roma non supera il momento di appannamento ma piega un coriaceo Siena dopo un’ora di sterili attacchi e con una ventina di minuti finali di vero terrore per i tifosi giallorossi. In serata l’Inter spegne qualsiasi speranza di rimonta infliggendo alla Sampdoria la seconda sconfitta settimanale dopo il 3 a 0 di Coppa Italia. Così, ci si avvicina al big match di domenica sera a Milano ancora con 11 punti di scarto, un abisso.
Turn-over di Spalletti, con Cassetti per Panucci, Ferrari per Mexes e Vucinic unica punta in luogo dello squalificato Totti. Siena che presenta in avanti Frick e l’ex Corvia.
Inizio imballato della Roma, che denota scarsa incisività: i centrocampisti non trovano spazio, gli esterni idem ed il Siena manovra con discreta pericolosità, con Cozza che giostra sapientemente dietro le punte. Primo tempo avaro di occasioni: Manninger è impegnato solo da blande conclusioni da fuori area (Perrotta al 13’, Pizarro al 34’, Mancini al 37’); ben più pericolosi un colpo di testa di Vucinic al 17’ ed una punizione di De Rossi al 21’, ma in entrambe le occasioni la palla sfila vicino al sette alla destra della porta senese. Il pareggio è messo in pericolo anche al 32’ da Perrotta, che dopo una splendida finta tira addosso a Manninger ed al 39’ da Frick, il cui destro deviato da Cassetti assume una traiettoria imprendibile e si perde al lato di un niente.
Secondo tempo e la musica non cambia: la Roma non punge ed al 13’ va in scena una nuova puntata del “Mancini Furioso”: Spalletti è costretto ancora una volta a togliere Amantino, praticamente inutile per tutta la partita: il brasiliano non gradisce e non lo nasconde, esce dal lato opposto, mentre entra Ciccio Tavano e va a sedersi in panchina con un “broncio” che terrà per tutto il pomeriggio; al 14’ Frick rischia di aggravare le polemiche sparando un gran destro al volo sul cross di Locatelli, ma Doni è semplicemente straordinario. Al 17’ la partita gira: Tavano giostra bene e premia lo scatto di Mirko Vucinic, che mette a terra da campione e poi spara di sinistro nell’angolo più vicino. Roma in vantaggio ed il montenegrino va a beccarsi il cartellino giallo sfogando nove mesi di rabbia sotto la Curva Sud.
Il più sembra fatto: macchè, il Siena cambia atteggiamento e comincia a spingere, la Roma subisce il forcing, alla mezz’ora Chivu salva in scivolata rischiando l’autogol, poi De Rossi manca il raddoppio sparando sull’esterno della rete dopo una pregevole incursione; ma nel recupero i tifosi romanisti devono trattenere il fiato ancora parecchio: a salvare l’1-0 c’è Alexander Donieber, per tutti Doni, che viste le prestazioni di Dida, comincia a credere nella convocazione con la maglia verde-oro. L’estremo difensore capitolino al 42’ devia con la punta delle dita il destro tagliato di Chiesa, sulla stessa azione blocca il colpo di testa di Portanova e poi, ultimo miracolo, alza in angolo la punizione del redivivo Chiesa, diretta con precisione sotto la traversa. Rimane solo il tempo nel recupero per una fortuita manata di Locatelli a De Rossi; sull’episodio – a mio parere – sbagliano in molti: l’arbitro, nell’estrarre un rosso francamente esagerato, Berretta, nello scagliarsi contro il romanista, che simulatore non è mai stato, ma soprattutto peccano di scarsa obiettività molti “soliti volti noti” televisivi, che, dando immeritato credito allo scatenato allenatore senese, in serata dipingono un De Rossi che si contorce quasi senza essere stato colpito; l’impatto non sarà volontario o cattivo, ma c’è, e qualcuno dovrebbe spiegarci che problema personale ha con De Rossi, che quando centra Mc Bride ai mondiali è colpevole quasi di omicidio e quando viene colpito, d’accordo con minore violenza ma pur sempre colpito, è colpevole ugualmente. E meno male che sono gli stessi che chiedono uniformità di giudizio da parte degli arbitri…


LE PAGELLE
Doni 7,5: continua la sua stagione straordinaria; su Frick e Chiesa compie parate che valgono i 3 punti tanto e come il gol di Vucinic. Miracoloso.
Cassetti: 6: è in miglioramento rispetto alle prime timide uscite, si propone e prova la conclusione con maggiore convinzione, ma non riesce ancora ad eliminare molte imprecisioni, negli appoggi ed in un paio di cross nel secondo tempo. Arruffone.
Chivu 7: stavolta, la sua costante attenzione difensiva non è macchiata da cali di concentrazione; nel primo tempo recupera splendidamente su un paio di conclusioni pericolose, nella ripresa sbroglia altre mischie pericolose. Reattivo.
Ferrari 6: onesta partita di attenzione e copertura sugli avanti avversari. Attento.
Tonetto 6: gli spazi sono davvero pochi per le sue discese offensive; dietro, ha clienti meno impegnativi che al Meazza, dove era apparso in difficoltà. Diligente.
Mancini 5: recuperiamolo in fretta, Amantino, prima che ceda alle sirene delle grandi squadre che sono da tempo innamorate di lui; è in un periodo negativo, aggravato dalle sue bizze comportamentali; Spalletti fa benissimo a sostituirlo ma non dimentichiamo il potenziale offensivo decisivo che rappresenta per questa squadra. Furioso.
De Rossi 6,5: decisiva opera di filtro a centrocampo, torna brillante anche in avanti, nonostante fosse annunciato in condizioni fisiche non ottimali. Vivace.
Pizarro 7: piace sempre di più il cileno, anche quando fa trattenere il fiato per un paio di dribbling nella propria area; se la Roma non perde la testa e prova sempre l’aggiramento cercando di non buttar via palla il merito è in gran parte suo. Ragionatore.
Taddei 6,5: prestazione in controtendenza rispetto ad alcune prove scialbe dell’ultimo periodo; forse stimolato dall’aver visto giocare Wilhelmsson (il suo posto da titolare non è più così indiscutibile?), Rodrigo corre e ci mette l’anima. Generoso.
Perrotta 6: nel primo tempo sembra essere tornato l’incursore pungente che rappresenta la pedina decisiva nello scacchiere di Spalletti, ma non trova il gol; cala alla distanza. Stanco.
Vucinic 6,5: non brilla, anche perché gli esigui spazi che il Siena concede sono terreno arido per un attaccante; cozza spesso contro la barriera difensiva avversaria, poi trova il guizzo decisivo dimostrando finalmente le sue pregevolissime doti tecniche. Raggiante.


Tavano (per Mancini) 6,5: voto non solo di incoraggiamento: il movimento ed il lancio nell’occasione del gol sono da giocatore vero, così come l’aggancio davanti a Manninger che non gli vale la conclusione solo per il miracoloso recupero di Portanova. Elegantissimo.
Panucci (per Cassetti) n.g.
Faty (per Vucinic) n.g.

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26 gennaio 2007

Coppa Italia: Milan-Roma 2-2




Nel gelo e nella neve di Milano, con la rigidità del ritrovato inverno aggravata dal fatto che la RAI abbia curato gli Affari suoi, la Roma conferma che i problemi attuali sono più di concentrazione che di rendimento fisico e dopo 25 minuti di apatia nei quali regala ad un mediocre Milan due gol, impone la sua superiorità di gioco e raggiunto il pareggio sul 2 a 2 rischia anche di portare a casa la seconda vittoria stagionale al Meazza, dopo il 2 a 1 di campionato. Roma in formazione tipo, Milan con Ambrosini ed Oliveira-Inzaghi; Gilardino e Seedorf in panchina.
Inizio disarmante dei giallorossi, con Kakà che gode di insperata libertà; al 4’ lancio di Ambrosini, liscio di Chivu e controllo di mano di Oliveira, che poi fila verso la porta di Curci, freddandolo sul primo palo; la squadra di Spalletti non si sveglia, Tonetto appare in balia degli avversari e Mancini non ci pensa nemmeno ad abbassarsi di qualche metro per aiutarlo; al 6’ si intravede Wilhelmsson, che spara a lato un diagonale col destro. Ma dopo un salvataggio di Chivu, al 23’ Panucci perde Jankulowski che crossa in area per il più facile dei gol di Pippo Inzaghi.
La Roma sotto di due sbanda, ma poi, gradualmente, accorcia gli spazi tra difesa e centrocampo nei quali Kakà, Inzaghi ed Oliveira avevano passeggiato per quasi mezz’ora e inizia la grande partita del neo-aquisto svedese del mercato di riparazione di Spalletti. Al 29’ il solito cross di piatto destro di Panucci non trova Totti ma Perrotta, pronto ad insaccare; dopo un forcing durante il quale Mancini e De Rossi sfiorano la deviazione vincente, alla fine il 2 a 2 arriva in modo quasi comico: Pizarro al 39’ si libera dal limite e scaglia verso la porta di Dida, che tenta il solito intervento a metà fra la parata ed il bagher da pallavolista e fa rimpiangere a qualche tifoso rossonero in tribuna che Ancellotti non abbia schierato il nuovo arrivato Storari.
Il secondo tempo avrà ritmi meno forsennati del primo, anche perché gli agenti atmosferici si scatenano sul Meazza, rendendo sempre più difficili sul campo triangolazioni e passaggi precisi; a centrocampo su entrambi i fronti si sbaglia molto, anche gli appoggi più semplici; al 5’ Kakà impegna Curci in angolo (bello stile da parte di entrambi), al 15’ spunta Totti, che si gira repentinamente su se stesso e spara verso la porta milanista, trovando stavolta Dida attento alla deviazione; cominciano i cambi e la Roma cresce dando l’impressione di poter passare nella seconda metà del tempo; quando gli altri sono stanchi “ChippenWilhelmsson sale in cattedra, punta l’uomo, spesso lo salta e conclude per tre volte, sinistro a lato dopo splendido controllo di petto, poi due conclusioni in pochi secondi sulle quali Dida prova a riscattarsi dalla papera del 2 a 2; al 43’ Pizarro tenta di sorprendere ancora il gigante brasiliano, che si salva in maniera goffa ma efficace. 2-2 e tutto rimandato al ritorno dell’Olimpico, con l’impressione di un Milan con seri problemi offensivi e difensivi e di una Roma che ci crede sempre troppo poco in alcuni frangenti del match.

LE PAGELLE
Curci 6,5: prende gol da Oliveira sul suo palo ed è sempre un errore per un portiere; poi si riscatta con interventi sicuri, specialmente in presa alta su alcuni cross insidiosi nel secondo tempo. Sereno.
Panucci: 6: convince più in fase offensiva, dove nel primo tempo scodella a centro area non pochi palloni, che in fase di copertura (suo l’errore sul raddoppio). Propositivo.
Chivu 6: come altre volte, gioca una buona partita, costellata di recuperi e salvataggi di ottima fattura, rovinata però dalla solita grave indecisione sull’1 a 0. Altalenante.
Mexes 6,5: buone coperture e consueto strapotere aereo, anche se rimedia un altro evitabile cartellino giallo. Impetuoso.
Tonetto 5,5: soffre molto sulla fascia, dove viene lasciato solo in quei 25 minuti nei quali sembra che l’effetto Ronaldo debba travolgere la Roma; poi si riprende. Abbandonato.
Mancini 5: tatticamente è un lusso che la Roma può permettersi solo quando il brasiliano giochi alla sua maniera davanti, cosa che non succede ieri sera. Perde sempre palla, Amantino, e nella ripresa costringe Spalletti a sostituirlo ancora, perché si ha quasi l’impressione che non abbia una gran voglia di giocare. Disarmante.
De Rossi 6: non sembra ancora il De Rossi stratosferico delle grandi occasioni, ma recupera sempre un buon numero di palle; la pericolosità di Kakà, però, nella prima parte di gara è una responsabilità che si divide con Spalletti. Sufficiente.
Pizarro 6,5: sale alla distanza, dopo molti errori di misura, che pure sarebbe la sua dote principale. Alla fine, risulta il più pericoloso in fase offensiva perché - incoraggiato da Dida - ci prende gusto nelle conclusioni dal limite. Insidioso.
Wilhelmsson 7,5: che giocatore! Spalletti gongola, ai tifosi romanisti non sembra vero che finalmente sia arrivato qualcuno con questa forma fisica, subito pronto ad essere buttato nella mischia. Corre, ma non solo: qualcuno, che lo aveva giudicato un “muscolare”, non aveva visionato qualche suo breve filmato di dribbling e finte nel campionato belga e francese, disponibile su internet. Straripante.
Perrotta 6: anche lui non è nelle condizioni di forma di un mese fa, ma non possiamo biasimarlo; la stagione è lunga e lui promette di riprendersi, innanzitutto con un gol. Sempre utile.
Totti 6,5: gioca quasi da fermo, nascosto, ma porta palla come solo lui sa fare e quando decide di cercare la porta, sul Meazza cala per qualche attimo un silenzio irreale, fatto di paura mista ad ammirazione. Ha imparato a fare anche questo il capitano, aspettare il momento giusto; speriamo che la condizione fisica migliore ritorni presto. Sornione.

Tavano(per Mancini): n.g.: 15 minuti non bastano per un giudizio, anche se è evidente che a Valencia non si è allenato al meglio.
Cassetti (per Perrotta) n.g.
Rosi (per Wilhelmsson) n.g.

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22 gennaio 2007

CARAVAGGIO, LA REGINA E I TRENI


Con le spalle all’entrata principale della Stazione Termini, guardando l’interminabile fila dei binari che si perdono all’orizzonte, il Gate Termini Art Gallery si trova all’estrema destra, nell’ala mazzoniana, così chiamata in onore dell’architetto Angiolo Mazzoni che ne curò la ristrutturazione a partire dal 1936. Dopo la biglietteria, attraverso un ascensore, si accede allo spazio espositivo dove il visitatore è accolto in una sorprendente zona della stazione, con una vasca circolare adornata da pilastri ed abbellita da un gruppo marmoreo.
Dal 22 novembre 2006 al 31 gennaio 2007 presso tale spazio è presentata la mostra “Caravaggio Capolavori nelle collezioni private”, aperta tutti i giorni dalle 10 alle 20.
Nel comitato scientifico, tra gli altri, Sir Denis Mahon e Vittorio Sgarbi.
La mostra ripercorre attraverso numerosi ed esaurienti pannelli (dalla lettura invero un po’ difficoltosa anche a causa della scarsa illuminazione) il percorso artistico ed umano del maestro Michelangelo Merisi ed ognuno dei quadri esposti in fondo risente degli avventurosi spostamenti dell’autore, che da Milano alla provincia di Roma (Zagarolo e Palestrina), da Genova a Napoli, a Malta, alla Sicilia, a Porto Ercole, attraverso peripezie e risse, omicidi e fughe, ha profuso la sua opera, spesso dispersa in questo burrascoso itinerario che ha reso complicato anche il percorso di ricostruzione dei critici.
Perno dell’esposizione è la Chiamata (o Vocazione) dei Santi Pietro e Andrea, acquistata nel 1637 da Carlo I d’Inghilterra e rinvenuta attraverso un soffertissimo percorso di riconoscimento e restauro - svoltosi all’interno del castello di Windsor - nei magazzini della collezione reale di Hampton Court. Ispiratore della promozione a capolavoro della tela è stato il grande studioso e storico dell’arte inglese Sir Denis Mahon, pungolato da un altro storico, italiano, Maurizio Marini che aveva preso visione dell’opera, conservata nei suddetti magazzini e ritenuta per anni nulla più di una copia.
La mostra è completata dal Sacrificio di Isacco, della collezione Barbara Johnson, dal S.Giovannino alla Fonte (S.Giovanni è il protettore dell’Ordine di Malta) e dal Cavadenti (insolito il soggetto, di ispirazione nordica) proveniente dalla Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze.
L’esposizione è arricchita da materiale radiografico concernente altre opere del maestro, proveniente dalla Fondazione Longhi e da proiezioni video di film dedicati alla vita di Caravaggio. In conclusione, alcune tele la cui fruizione da parte del pubblico è sicuramente rara, evento che non può però giustificare un prezzo di entrata (8 euro) che appare francamente inadeguato all’offerta ed all’ampiezza dello spazio espositivo.

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17 gennaio 2007

Messina-Roma 1-1


La Roma saluta il sogno tricolore, semmai qualcuno l’abbia veramente cullato, e conferma i suoi vuoti mentali e la sua scarsa concentrazione sullo Stretto.
In un clima blando post-natalizio i giallorossi scendono in Sicilia molli e poco decisi, eppure una volta fatto il più, ossia passati in vantaggio con una combinazione letale Taddei-Totti-Mancini, si lasciano sfuggire dalle mani una vittoria mai sembrata in discussione.
Difesa di Spalletti risistemata con Ferrari per la squalifica di Mexes, Messina copertissimo con Pestrin e Giallombardo; e proprio l’uscita per infortunio di quest’ultimo, romano del Prenestino, causa lo squilibrio dei giallorossi di Giordano, perfetti per 30 minuti. Con Cordova a centrocampo la Roma comincia a trovare qualche spazio, e Mancini si infila in aerea siglando elegantemente il vantaggio al 39’; nell’occasione Chivu, che da’ il la all’azione, calpesta involontariamente Cordova provocando le vibrate proteste di un pubblico che aveva già mostrato “inquietudine” lanciando oggetti verso Doni. Ma gli avanti della Roma, partiti in velocità nell’altra metà del campo non potevano accorgersi dell’avversario infortunato a terra. Si riprende con 7 minuti di recupero, nei quali Doni sventa (insicuro) l’unica azione pericolosa del Messina, ma il merito di non subire gol è più da attribuire a Perrotta, che sul campanile provocato dal portiere brasiliano mette in angolo di testa.
Nel primo quarto d’ora della ripresa la Roma non spinge, si addormenta ancora, sorniona, e complica la partita di Livorno giocandosi i due centrali di centrocampo, De Rossi e Pizarro, diffidati, ammoniti e quindi assenti domenica prossima contro la compagine del vulcanico presidente Spinelli.
Al 23’ - senza forzare - la Roma sfiora il 2-0: Totti si coordina da fuori aera, ne esce una conclusione sporchissima che sorprende con i rimbalzi Storari e va a spegnersi sul palo; Ferrari scherza col fuoco prima della mezz’ora, fermando per due volte Flocccari con trattenute (la prima, alla manica, poteva costare il penalty, anche se iniziata fuori dall’area di rigore); i capitolini sembrano avere definitivamente in mano la partita: Totti scalda i pugni a Storari, che poi salva su Mancini solo davanti alla porta avversaria; nella girandola di cambi spunta anche Wilhelmsson. Poi, al 47’, la “frittata”: Pizarro rimedia a centrocampo sulla linea del fallo laterale (sotto gli occhi del guardialinee) un paio di calcioni impuniti; parte il contropiede e Chivu prende a sportellate Floccari, con l’avanti messinese ormai defilato ed innocuo; sul rigore di Parisi cala il sipario sul campionato, anche se nel recupero Storari fa il miracolo sul destro di Cassetti. Bye-Bye Inter.

LE PAGELLE
Doni 5,5: qualche indecisione di troppo, niente di grave, ma essendo praticamente inattivo per 90 minuti, sembra un po’ arrugginito anche lui, forse distratto dal lancio di oggetti dei simpatici tifosi messinesi. Bersagliato.
Panucci: 5,5: non il Panucci superlativo della prima parte del campionato; compitini svolti svogliatamente, scarsissimo apporto offensivo. Controfigura.
Chivu 5: non gioca una cattiva partita, (ma il Messina davanti è poca cosa); poi però basta quello sconsiderato intervento nel finale per gettare i tre punti al vento; purtroppo non è la prima volta (vedi un fallo inutile su Flachi a Genova). Inspiegabile.
Ferrari 5,5: stesso discorso; niente di grave, ma con l’attacco avversario inesistente riesce a complicarsi la vita e nella ripresa si innamora pericolosamente della maglietta di Floccari, rischiando più del dovuto. Il solito ingenuo.
Tonetto 6,5: buona prestazione, forse il migliore dei suoi, il più deciso, il più convinto, senza troppe sbavature e fronzoli. Costante.
Mancini 6,5: che abbracci o no il capitano, che realizzi il 50% delle occasioni, Amantino è però la vera spina nel fianco delle difese avversarie e quando Perrotta è “spuntato” come oggi è l’unico vero goleador. Essenziale.
De Rossi 5,5: prestazione deludente: scarsa qualità, ma anche a quantità non siamo sui livelli – pur eccellenti – cui ci ha abituato. In flessione.
Pizarro 6: giostra ancora bene a centrocampo; quando i ritmi sono bassi il cileno spicca per intelligenza ed ordine, ma rovina in parte la prestazione con il giallo che gli farà seguire la delicata Livorno-Roma in tribuna. Nervoso.
Taddei 5,5: qualche buona discesa nel primo tempo, ma nella ripresa scompare praticamente dal campo, costringendo Spalletti (tardivamente) a toglierlo. Impalpabile.
Perrotta 5: non conosciamo perfettamente quali siano le sue condizioni atletiche, ma il cursore giallorosso oggi non contribuisce alla pericolosità offensiva della squadra e sembra fuori partita. Non pervenuto.
Totti 5,5: i colpi di classe e la tecnica sopraffina con la quale colpisce la palla non gli evitano stavolta l’insufficienza, per via di quell’aria svogliata che il capitano infonde forse a tutta la squadra. Indolente.

Cassetti: 6,5: al 51’ rischia di meritarsi un 8 con un destro dal limite su cui Storari strozza l’urlo del gol in gola a molti tifosi romanisti. Ci prova.
Wilhelmsson 6: non dispiace; si propone, corre, scatta, tenta un cucchiaio, anche se entra proprio nel momento in cui il Messina sembra essersi arreso. Frizzante.

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12 gennaio 2007

GOODBYE VINCENZO


L’aeroplanino decolla da Roma; stavolta non va verso la curva che lo ha amato per sette anni e mezzo, per festeggiare insieme l’ennesimo gol, ma vola verso Londra dove tenterà di ripercorrere la strada di un altro grande “piccoletto” del calcio nostrano: sir Gianfranco Zola. Personalmente, mai giocatore giallorosso sarà più rimpianto: campione vero, attaccante puro, che forse proprio per non volersi o potersi snaturare ha spesso trovato difficoltà ad inserirsi negli schemi di gioco di allenatori con idee chiare e decise (da Capello a Spalletti). Questa connotazione ben definita di attaccante, pur senza avere il fisico e la statura del centravanti boa, insieme ad una serie iellatissima di infortuni più o meno gravi, ha forse impedito al numero 9 di Pomigliano d’Arco una carriera più radiosa, alla quale forse manca un pizzico di fulgore internazionale, perché se poi si parla di serie A, pochi giocatori possono vantare la media gol di Montella.
Ieri il giocatore ha pranzato con i vecchi compagni di Trigoria, ma non si è allenato con loro e ha salutato i tifosi (che gli hanno dedicato un commovente striscione che recitava “Noi e te, nove metri sopra il cielo”) per tentare l’avventura in Premier League, a quanto sembra solo in prestito per sei mesi per tornare poi nella capitale, dove ha un contratto sino al 2010.
Qualche dato: classe 1974, 1,72 m di altezza per 71 Kg di peso, il centravanti rimane cinque anni ad Empoli, tradizionale scuola di calcio per i giovani promettenti dell’area napoletana dal 1990/91 per poi passare in serie B col Genoa; la serie A Vincenzo la trova l’8 settembre del 1996 in Perugia-Sampdoria con la maglia blucerchiata che lo consacrerà goleador (prima marcatura – una doppietta! - proprio contro la Roma il 22 settembre 1996); arriva a Roma nel 1999 e nella capitale segnerà 83 dei suoi 137 goal nella massima divisione, contribuendo all’ultimo scudetto, pur partendo spesso dalla panchina, per la nota staffetta voluta da Capello.
Nel 2001/2002 stabilisce anche il record del derby capitolino segnando quattro gol.
Il triste capitolo infortuni: stagione 1992-93, rottura di tibia e perone; 1993-94 sospetta forma virale che ne altererebbe il battito cardiaco e stagione passate negli ospedali; poi il mal di schiena misterioso che ne ha impedito l’utilizzo giallorosso nell’ultima stagione, culminata con un’operazione e con il gradito ritorno. Certo, Vincenzo sembra alla fine aver vinto poco: uno scudetto ed una supercoppa italiana, tutte in giallorosso. Bomber spietato, con il fiuto del gol tipico degli attaccanti di razza, impreziosito però da doti tecniche da fuoriclasse e da un sinistro sensibile e potentissimo che gli ha consentito anche splendide marcature dalla media distanza.

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