Gian Luca Marozza

22 dicembre 2022

I giovedì del Bloomsbury: Pier Paolo Pasolini, Tutto e' santo


 

“…io so che in me ci sono duemila anni di cristianesimo: io con i miei avi ho costruito le chiese romaniche, e poi le chiese gotiche, e poi le chiese barocche: esse sono nel mio patrimonio, nel contenuto e nello stile…”


Ricorre il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini e Roma gli rende onore con una mostra diffusa, “TUTTO E’ SANTO”, che si ispira alla frase pronunciata dal saggio Chirone nel film Medea del 1969, evocante la totalità del sacro nel mondo, arcaico, religioso, del sottoproletariato senza classi e senza ideologie. A Palazzo Barberini “il corpo veggente” indaga il ruolo dell’ispirazione artistica nel cinema pasoliniano; al Museo MAXXI “il corpo politico” legge l’opera di Pasolini tramite gli occhi di artisti contemporanei che evocano impegni politici e contenuti sociali della sua opera; al Palazzo delle Esposizioni, da dove proviene la foto, “il corpo poetico” analizza il rapporto quasi corporeo e carnale di Pasolini con la parola. Vengono presentati oltre 700 pezzi originali: fotografie, giornali, libri, riviste, filmati, dischi, nastri e gli splendidi costumi ed abiti di scena.

Ciò che ho amato della mostra è che si parla della VITA di Pasolini e non della sua morte. Ammetto di aver provato un fastidio che lo stesso poeta avrebbe tacciato come borghese in questi giorni di fervore di notizie (addirittura dall’Antimafia) sul triste epilogo di una esistenza che lo stesso Pasolini ci spiega.

Ama la vita? L’amo ferocemente, disperatamente. E credo che questa ferocia, questa disperazione, mi porteranno alla fine. Amo il sole, l’erba, la gioventù. L’amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile. Come finirà tutto ciò? Lo ignoro.

La mostra è distinta in sezioni. DILEGGIO, il linguaggio dei padri racconta degli innumerevoli procedimenti giudiziari che nel corso di 25 anni hanno provato a tenere in ostaggio l’omosessualità del poeta. FEMMINILE, il sacro che ci è tolto scandaglia le mille figure di donna, tutte anticonformiste, che hanno accompagnato la sua esistenza. ABITI, i costumi del corpo ci mostra un sorprendente guardaroba cinematografico. DI POPOLO E DI POETA presenta il Canzoniere italiano che reca in copertina la presentazione pasoliniana “Questo libro lo ha scritto il popolo italiano”. PARTITELLA, la vera Italia fuori dalle tenebre è un racconto fotografico della partitella del Trullo, visione del Paradiso. ROMA, la città in strada è l’apoteosi della gente di Roma, delle periferie e delle borgate, del popolo. Ma ROMA è anche complice Sodoma, una società che lo condanna per atti osceni in luogo pubblico, corruzione di minore, indegnità morale, e che nel contempo gli offre una insperata varietà e ricchezza di offerta sessuale.  

Vorrei augurare a tutti un Natale felice, con la felicità di Pasolini: “…io sono abituato fin dalla mia più lontana infanzia a distinguere la felicità dal sorriso, dagli occhi, da come uno sorride, da come uno guarda. Ecco. Allora, nelle borgate romane (…) andando in giro per Roma, tutti i fattorini dei negozi, dei macellai, dei fornai, in bicicletta, con le toppe nel sedere, andavano in giro per la città e cantavano. Non c’era nessuno che non cantasse, non c’era nessuno che, guardato, non ricambiasse lo sguardo con un sorriso, Ecco, questa è una forma di felicità (…) La povertà abbiamo capito che non è il male peggiore, l’abbiamo capito chiaramente. Il male peggiore è la miseria del finto benessere".

15 dicembre 2022

I giovedì del Bloomsbury: IVANHOE, W.Scott

Nasce con Ivanhoe il romanzo storico: siamo nell’Inghilterra centrale e possiamo affermarlo da alcuni luoghi citati, Sheffield, Leicester, ma soprattutto Ashby-de-la-Zouche, sede del leggendario torneo, e viviamo poco dopo il 1190 (1194, se calcoliamo che l’autore ci scrive che siamo al termine del regno di Riccardo I, che ritorna in patria dopo la Terza Crociata). L’ambientazione è importante perché è proprio dovuta alla preoccupazione di aver spostato dalla Scozia all’Inghilterra i suoi romanzi l’iniziale decisione di sir Walter Scott di pubblicare l’opera con lo pseudonimo di Laurence Templeton. Siamo in piena contrapposizione tra Sassoni – vinti -  e vincitori Normanni, Wilfred di Ivanhoe è il sassone figlio del fiero Cedric, diseredato dal padre perché ha se
guito il re normanno in Terra Santa e forse anche perché si è innamorato della bella Rowena che però Cedric voleva dare in sposa al nobile sassone Athelstane. 

Nella prima scena siamo nel castello di Cedric che ospita il priore di Aymer e il templare Brian de Bois-Guilbert, normanni in viaggio verso il torneo di Ashby, prima sviati dai servi di Cedric e poi messi sulla strada giusta per il castello da un pellegrino di ritorno dalla Terra Santa, che in realtà è proprio Ivanhoe. Durante il banchetto conosciamo la splendida lady Rowena ed il ricco ed avaro ebreo Isaac di York, che poi verrà salvato da Ivanhoe dall’agguato templare e lo ricompenserà con il cavallo e l’armatura per il torneo.

Il “secondo atto” si svolge alla presenza del principe Giovanni (l’usurpatore, il Senzaterra): oltre ai molti cavalieri incontriamo un’altra bellezza femminile, Rebecca, figlia di Isaac. Vince il torneo, chiaramente, Ivanhoe, per ora chiamato il Diseredato, che sceglie come dama – manco a dirlo - Rowena. Nella giornata successiva il torneo si svolge a squadre e interviene in aiuto del Diseredato soccombente, il Cavaliere Nero (non possiamo non pensare in una smorfia - a metà tra la malinconia ed il sorriso - al nostro Gigi Proietti) per poi defilarsi. Pur vittorioso, il Diseredato, ferito, ha bisogno di togliere l’elmo e si rivela come il figlio di Cedric. Al termine della giornata il banchetto si trasforma in un acceso scontro tra Sassoni e Normanni.

Nella terza scena, siamo al castello di Torquilstone del tremendo Reginaldo Front-de-Boeuf, ma nel frattempo Rebecca ha curato Ivanohe e se ne è innamorata; il mercenario Maurice de Bracy al soldo del principe Giovanni rapisce una nutrita comitiva, tra cui Cedric, Athelstane e Isaac allo scopo di estorcere somme di denaro, ma soprattutto Lady Rowena e Rebecca, che vengono insidiate dalle sue attenzioni e da quelle di Bois-Guilbert. Il castello viene assediato dai “nostri”, giunti in soccorso, che con uno stratagemma del giullare Wamba riescono a liberare Cedric, che organizza l’assalto, tumultuoso, sanguinario ma non risolutivo, anche se il castello finisce in fiamme per mano di Ulrica, che si vendica di vecchie angherie. Bois-Guilbert fugge portando con sé Rebecca ed abbattendo Athelstane.

Il sipario si apre sulla scena finale, che vede la compagine di Cedric spartirsi il bottino: ci sono Fra Tuck, che rivedremo nelle storie di Robin Hood, che altro non è che l’arciere Locksley, il Cavaliere del Lucchetto, che in realtà è proprio re Riccardo. Nella precettoria di Templestowne, intanto, il Gran Maestro dei Templari Lucas de Beaumanoir riesce a convincere tutti che Rebecca ha stregato con arti magiche Bois-Guilbert e la fa destinare al rogo; la giovane si appella alla giustizia chiedendo la difesa di un paladino, che giunge nelle vesti di Ivanhoe. E’ il momento delle rivelazioni. Riccardo Cuor di Leone torna al trono ed Athelstane non è morto anche se ha perso tutte le sue pretese per lady Rowena, che può finalmente sposare Ivanohe, dopo che questi ha sconfitto Bois- Guilbert, aiutato dal destino, che lo stronca con un infarto durante il combattimento. Le nozze nella cattedrale di York sanciscono la nascita del popolo inglese.    

Abbiamo letto molto: ci sono le basi per i romanzi di Dumas, Hugo e Manzoni, il tema dell’antigiudaismo nella caratterizzazione di Isaac, ma anche la sua denuncia, nella figlia Rebecca, fiera, onorata e che lascia l’Europa cristiana per Granada, dove gli ebrei non sono invisi o discriminati.